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La normativa sanzionatoria di cui all art. 612 codice penale e “minaccia” condanna con una sanzione che arriva fino a euro 51, a querela del soggetto offeso,“qualunque persona che minaccia ad altri un illecito danneggiamento”.

Ciò nonostante, il secondo comma del richiamato articolo asserisce che “se la minaccia è pesante1, o è compiuta in una delle modalità2 specificate nell articolo 339, la condanna prevede è l arresto fino a un anno e si procede d ufficio”. Preventivamente si può ammettere che l illecito di minaccia è un reato contro la libertà propria degli individui e, più dettagliatamente, contro la loro libertà psicologica. Altresì, siffatto illecito si concretizza nel prevedere per ciascuno un danneggiamento futuro, la cui realizzazione proviene dall intenzione dell agente.

L illecito di minaccia ha carattere di rischio e, quasi sempre, diventa e costituisce il premessa di più pesanti illeciti contro l individuo come l omicidio, le ferite personali, l illecito di colluttazione. Generalmente, le intuizioni dirette o indirette di determinate azioni come “minacciose” della libertà psicofisica del soggetto possono generare in alcuni individui conseguenze e gesti negativi, input irrefrenabili ed è questo un elemento che non si può confutare in nessuna maniera.

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L art. 612, comma 1°, consente di identificare l illecito di minaccia come un illecito comune3 e passibile di essere compiuto da “qualunque persona”.

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Da sottolineare poi che qualsiasi minaccia deve essere esaminata mediante un parametro medio ed in base alle effettive situazioni. Mentre, la pericolosità della minaccia, in base all articolo 612 codice penale, va verificata in relazione alla natura dell alterazione psicologica procurata all individuo passivo dall azione minacciatoria. Siffatta alterazione psicologica proviene ed è determinata dalla natura del male provocato, come pure dall insieme delle condizioni in cui la minaccia si verifica e dalle specifiche situazioni in cui vengono a trovarsi chi compie l illecito e il soggetto offeso.

Altresì, l articolo 612 codice penale che punisce la minaccia evidenzia un illecito di pericolo, per il cui inserimento non si prevede che il bene salvaguardato sia danneggiato infondendo paura nella vittima. L elemento psichico di siffatta tipologia incriminatoria è il dolo generale, interpretato come la riproduzione della consapevolezza e dell intenzione di intimidire la determinazione di qualcuno. Il dolo è volto a determinare la minaccia della persona passiva, senza che sia utile che in siffatta intenzione sia contenuto l intento di conseguire il male minacciatorio.

Altresì, da parte mia, sono convinto che in siffatta tipologia incriminatoria il tentativo non può essere configurabile. Dunque, il momento in cui viene consumato siffatto illecito corrisponde con la costrizione dell altrui intenzione ovvero lo strumento applicato deve essere capace di intimidire un soggetto. In breve, l illecito si realizza nel momento in cui la libertà psicofisica di un soggetto si riduce a causa di azioni minacciatorie.

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È un illecito privo di evento ed a carattere libero poiché la minaccia può essere effettuata nei modi più differenti e mediante gli strumenti più disparati ovvero attraverso le parole, con messaggi scritti, disegni, azioni, con atteggiamenti ed in maniera diretta o non espressa (con i messaggi telefonici e di posta elettronica e così via). Il bene salvaguardato giuridicamente nel delitto de quo è la libera volontà di una persona e, dunque, il totale esercizio della propria libertà.

Dettagliatamente, la difesa penale nel delitto di minaccia cerca di assicurare la libertà psicologica del soggetto nel suo intenzionale esercizio. Altresì, si deve specificare che nel delitto di minaccia la persona passiva può essere solo un soggetto specifico, ben individuato o individuabile.

Ciò nonostante, di recente si deve rilevare che la Suprema Corte, riguardo al reato di minaccia, ha definito ciò: “Non include il delitto di minaccia il comportamento di chi esibisce un arma, non già allo scopo di ridurre la libertà psicologica della persona minacciata, piuttosto allo scopo di schivare un atto illecito, chiarendogli velocemente la giusta risposta che la sua condotta provocherebbe. Cassazione penale, sezione V, sentenza 27 febbraio 2007, n. 8131.

Si deve precisare, inoltre, che per includere l illecito de quo è utile che il danneggiamento minacciato sia attuabile e attendibile, al contrario la minaccia sarebbe carente di una seppur insignificante volontà di minaccia. Dettagliatamente, penso che ciò non basti ad includere la tipologia di minaccia di un danneggiamento non determinato o a livello generico4.

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I reati fallimentari costituiscono una parte importante delle attuali disposizioni applicate dagli Ermellini, con principale riguardo al più diffuso tra questi illeciti: il reato di bancarotta.

Con la disposizione n. 32899/2011, i Giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che non si può scartare la probabile imputazione di bancarotta fraudolenta nel caso in cui l industriale intraprenda operazioni economiche con strumenti propri per favorire la sua azienda.

La ragione è questa: poiché le attività della persona attiva riguardano azioni di prestito e non aumento di capitale (l operazione, infatti, era compiuta attraverso una azienda) l illecito di bancarotta fraudolenta non è da escludere. In questo modo gli Eini chiariscono la pena: “… Giustamente i giudici competenti hanno chiarito come fin dal principio si fossero delineate le limitazioni di redditività dell operazione imprenditoriale dei due accusati con l aumentare delle perdite che avevano ridotto il capitale societario già nel corso del primo anno, ed hanno evidenziato con motivi giusti e privi di difetti logici, come l instabilità si fosse evoluta in modo progressivo proprio a causa della ostinazione, ma anche a causa della irresponsabile conduzione delle diverse operazioni, in assenza di un adeguata considerazione e verifica delle concrete possibilità dell azienda e di operazioni di reinvestimento insignificanti trattandosi di fondi dei soci dell azienda, che, poiché effettuate attraverso forme di finanziamento e non di ampliamento di capitale, avevano ancora di più peggiorato la situazione debitoria dell azienda, diventata per siffatta ragione non recuperabile”.

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Inoltre, la disposizione in merito garantisce un attinente interpretazione sulla nozione di dissesto affermando che per “dissesto si intende, non tanto una circostanza di generale disorganizzazione dell attività della azienda, quanto una condizione di instabilità finanziaria a livello patrimoniale crescente e grave, che, se non affrontata con giusti rimedi o con la presa di coscienza di non poter continuare l attività, può causare l aggravio incontrollabile dello stato debitorio, con consequenziale crescita del danneggiamento che l inevitabile, e non schivata, insolvibilità finisce per provocare ai creditori”. Della stessa idea è la Cassazione Penale, sentenza n. 29773/2011: anche se vi è l esistenza di attività indirizzate a sanare la propria azienda, è chiaro che, in situazione di insuccesso, si avrà ugualmente un “impoverimento patrimoniale come garanzia dei creditori” ed in base a siffatti presupposti l industriale che ha attuato ugualmente quella condotta “accogliendo la probabilità che siffatto impoverimento abbia in realtà a realizzarsi” è suscettibile di imputazione per l illecito di bancarotta. Al contrario, la disposizione n. 28077/2011 applicata dai Giudici della Cassazione ha avuto come oggetto la condotta (illecita) del liquidatore di una azienda in dissesto finanziario. Quest ultimo, in breve, si era assegnato del tutto il proprio corrispettivo, incamerandolo anticipatamente rispetto a tutti gli altri creditori della azienda in dissesto. Gli Ermellini hanno evidenziato siffatto comportamento come illecito di bancarotta fraudolenta preferenziale con un inasprimento: “… a ben guardare, la specifica gravità del comportamento, che consiste nell approfittare di una situazione di beneficio, scaturente dalla condizione dell agente, potrebbe essere considerata nel momento della effettiva precisazione della sanzione, ben potendo la ‘autoliquidazione essere valutata, per l applicazione della pena, comportamento più grave – da un punto di vista oggettivo e soggettivo – riguardo ad altri comportamenti preferenziali”. Di bancarotta preferenziale parla anche la disposizione n. 36125/2011 della Cassazione con cui viene ribadita la sentenza, di I° grado e di appello, a carico di un industriale per aver messo in vendita una Jaguar aziendale, comperata anni prima con soldi propri. L industriale, immediatamente dopo aver avuto i soldi in contanti dalla medesima vendita, per recuperare parte dei soldi spesi per acquistare la Jaguar, conferiva il corrispondente compenso. Da sottolineare che il denaro speso risultava come finanziamento implicito.