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La parte lesa in tal modo si allontana dalla realtà, diviene più chiusa e comincia a non desiderare più relazioni con gli altri; per far nascere il timore sovente danneggia beni e arnesi a cui la parte lesa é molto affezionata e se ci sono bestie nell abitazione coinvolgerà anche loro; in contesti di socialità, ad esempio nei luoghi pubblici o in posti all aperto visitati da altri individui, il violentatore fa di tutto per offendere davanti a tutti la parte lesa.
Una delle espressioni che spesso utilizza in questi contesti e che è stata sovente rivolta dai perseguitati. Questa frase, proprio per la potenza che ha, ingrossa sul piano mentale la sensazione di fragilità della parte lesa e la mette subito in una situazione di rassegnazione; sovente congiunge ai maltrattamenti fisici intimidazioni orali, vocaboli di enorme significato sprezzante volte a generare nella parte lesa e che diminuiscono la considerazione di sé.
Espressioni classiche sono; ha paura dell indipendenza della parte lesa. Dinanzi ad atteggiamenti che mostrano la voglia di indipendenza del/la compagna, usa metodi sul piano mentale volti a cancellare le sue voglie.
Se la parte lesa svolge un lavoro e ha una certa indipendenza, tenta con ogni mezzo di contrastare la sua tranquillità nelle relazioni professionali. Il maltrattato può in tal modo cominciare ad avere comportamenti ostili ai soci di lavoro, non sentirsi all altezza rispetto a nuove mansioni, ha difficoltà a impegnarsi.
Non avendo più il sostegno della famiglia, opera in costante agitazione e con sensazione di soggezione; sviluppa nella parte lesa atteggiamenti umilianti dicendole continuamente che è lui/lei che è il capo della famiglia e che perciò deve essere in ogni caso riverito/a;
chi maltratta ricorre alla prole per conseguire i suoi obiettivi intimando di condurli via se la parte lesa annunciasse di voler abbandonare il domicilio;
nel caso in cui durante un litigio il maltrattato è colpito e cerca di far notare al violentatore le ferite provocate egli smentisce l episodio aggressivo;
dinanzi agli sforzi della parte lesa di voler discutere con terzi degli episodi che avvengono in casa, chi maltratta afferma che sta ingigantendo e ridimensiona l evento asserendo che era soltanto un semplice battibecco e che questi litigi sono abituali in tutte le coppie .
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Il reato di stalking è stato introdotto nella nostra legislazione con il decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (tramutato in Legge 23 aprile 2009, n. 38), che ha immesso con l art. 612 bis c.p. il crimine di “azioni di persecuzione”, parole con le quali è stato traslato il vocabolo inglese to stalk, (alla lettera “appostarsi”), con cui si indicano i comportamenti oppressori e di intromissione nella vita individuale di un soggetto.
Tale illecito è stato immesso nel capo III del titolo XII, sezione II del codice penale, nella parte riguardante i crimini contro l autonomia relativa al comportamento. Il classico atteggiamento comprende la ripetizione di intimidazioni o di disturbi e la particolarità della reiterazione di tali atteggiamenti determina la supposizione che esso sia un illecito frequente, laddove, sebbene la sussistenza dell illecito di cui all art. 612 c.p. tra i fattori istitutivi, pare da scartare la rappresentabilità delle azioni oppressive quale illecito composito.
Piuttosto, innanzitutto sembrerebbe presentarsi l ipotesi dell illecito composito “specifico”, derivante dalla “unione a livello paritario di due illeciti in distinto e dissimile crimine”, nondimeno, a una più accurata verifica, si può considerare che, con il vocabolo “disturbo”, la normativa sembra far riferimento al comportamento in sé analizzato e non tanto, sull esempio della trasgressione di cui all art. 660 c.p., agli effetti dell atteggiamento stesso.
Ne deriva che, seguendo quell orientamento che estromette dalla sfera applicativa dell art. 84 c.p. le fattispecie di illecito composito “in senso ampio” (la cui nascita è data non dalla fusione di più illeciti, ma da uno schema basilare a cui si uniscono altri fattori di per sé non formanti illecito), ne va ricavata la non applicabilità dell art. 612 bis a questa figura. Gli atteggiamenti intimidatori e di tormenti devono poi far sorgere nel soggetto leso una “costante e pesante condizione di agitazione o di timore”, o una consolidata paura per la propria integrità o per quella di soggetti a lei prossimi, o indurla a modificare il suo stile di vita.
Nondimeno, il principio che gli atteggiamenti ripetuti debbano generare in successione una delle suddette condizioni ci fa concludere (dato l implicito carattere delle stesse), che un altro fattore istitutivo del caso concreto sia costituito dal principio che i disturbi o le intimidazioni si ripetano in un intervallo non meglio definito, ma adeguato affinché queste condizioni abbiano luogo.
Il caso concreto è volto sicuramente a proteggere l autonomia mentale, come potere dell individuo di giungere all autodeterminazione.
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Difatti, tra le molte condizioni che il comportamento di questo tipo può originare, vi è la modificazione del proprio stile di vita, che può essere considerato uno specifico caso di maltrattamento personale.
Ciò nonostante, crediamo che sia protetto l altro bene legittimo dell integrità personale, almeno nel caso in cui le intimidazioni o i disturbi determinino la “costante e pesante condizione di agitazione o di timore”, che, se considerato come malattia verificabile sul piano medico, provoca un danno alla salute. Riguardo al carattere legittimo, si ha un illecito di danneggiamento, ricercandosi il danno concreto al bene di diritto tutelato (o dei beni di diritto tutelati nell ipotesi in cui si configuri un illecito di tipo plurioffensivo).
Non è stata accettata, difatti, l interpretazione della Commissione Giustizia della Camera dei deputati che presentava il reato come di rischio effettivo, poiché ciò avrebbe determinato una sproporzionata espansione dell efficacia dell illecito, con il pericolo di criminalizzare episodi incapaci di nuocere.